RABBIT

OGNI MOTOCICLISTA DOVREBBE VEDERE RABBIT, COLOSSAL D’AZIONE CON INSEGUIMENTI AL CARDIOPALMA TRA AUTO E MOTO. E FINALE A SORPRESA.

Non avete mai visto Rabbit? Male. La distribuzione non è il fiore all’occhiello di questa produzione. Forse è l’unico aspetto nel quale pecca. Ogni appassionato di motori dovrebbe recuperare questa pellicola, ricca di azione acrobatica e inseguimenti al cardiopalma. Macchè… al fulmicotone! Una carovana di stunt-men si è messa al servizio di sceneggiatore e regista per dare vita ad alcune delle scene più spettacolari mai viste al cinema. Non manca l’approfondimento dei personaggi e, perché no?, qualche lacrimuccia.

La trama, a grandi linee, è questa: Robert “Bunny” Doyle è uno stunt-man che va per la sua strada e non cerca grane. Non è un santo ma tenta ogni via per non piegarsi ad un’organizzazione criminale che opera a San Francisco. Purtroppo, in seguito ad una serie di eventi e a qualche infausta coincidenza, è costretto a cedere alle richieste di Dirty Joe, per conto del quale mette a segno numerose rapine e il rapimento della figlia del sindaco. Questo lo porta ad allontanarsi da tutti, famiglia inclusa. Resta solo e tormentato dalle sue azioni. In qualche modo tenta di porre rimedio, ma ogni suo sforzo è vano.

Per fermare il vortice che lo sta risucchiando, concepisce una strategia crudele per eliminare, uno dopo l’altro, tutti gli uomini di Dirty Joe. Ci riesce solo in parte, il farabutto capobanda si salva e fa perdere le sue tracce.
Tempo dopo, quando tutta la violenza e i tormenti sembrano essere passati, Joe si presenta al cospetto di Bunny esigendo da lui l’ennesima azione criminale, portata a termine la quale, potrà ritenersi finalmente un uomo libero. Parola di criminale. La faccenda ovviamente si rivela una trappola. Joe, supportato da una nuova e più che mai feroce manovalanza, ottiene vendetta. Uccide Bunny.

Quindici anni dopo troviamo Debbie “Rabbit” Doyle che del padre ricorda i momenti più dolci condivisi, il suo amore sincero e il tormento degli ultimi anni. Da lui ha ereditato il mestiere, la passione per i motori e due gioielli rombanti: una Mustang Boss 429 del ‘69 e una moto custom su base Guzzi V7 del ‘73.

Venuta a conoscenza della vera storia e dei reali motivi che hanno portato alla morte del genitore, Rabbit decide di vendicarlo. Mette insieme una squadra di sei persone. Due amici del padre, Popeye e Il Russo, tre giovani colleghi stunt-men e sua sorella minore Betsy “Bee-Bee”.
Rabbit riesce ad entrare nelle grazie di Dirty Joe, che pare non conoscere l’identità della ragazza e le affida l’organizzazione della “Tres Santos”, la corsa clandestina e rischiosa che si svolge ogni anno sulle strade della California.
La gara parte da San Jose e termina a Santa Rosa, passando ovviamente per San Francisco. Non c’è nessun percorso fisso ma bisogna obbligatoriamente rispettare quattro checkpoint: San Mateo-Hayward Bridge, Golden Gate Bridge, Fuller Park a Napa e infine il porticciolo di Bodega Bay. È ammesso qualsiasi mezzo a due o quattro ruote senza alcuna restrizione di potenza. Si viene eliminati qualora si subiscano danni irreparabili (è ammesso un meccanico a bordo), se si viene fermati fisicamente dalle forze dell’ordine e se si supera il tempo massimo. È consentito intralciare gli avversari in qualsiasi modo, fatta esclusione dell’uso di armi. Il primo a tagliare il traguardo dopo aver “timbrato” tutti e quattro i checkpoint vince 500.000$. Il numero massimo di partecipanti è 25. La quota di iscrizione é di 40.000$. Chi perde cede la propria auto o la propria moto all’organizzazione.

Ben presto anche questo evento si rivela una trappola per Debbie e compagnia: Joe, non pago dell’omicidio di Robert, vuole eliminare anche la figlia e chiunque si metta sulla sua strada. È caccia aperta. Ben presto si creano due opposte fazioni. Da una parte gli scagnozzi di Joe e quelli che, oltre ai soldi, puntano a far parte dei traffici criminali della banda, dall’altra le figlie di Robert e tutti coloro che sperano di porre fine una volta per tutte alla violenza che flagella la città.
L’esito sarà tutt’altro che scontato. La baia diventa il palcoscenico di folli inseguimenti, le tortuose strade segnano la sottile linea che separa il bene dal male, il lecito dal proibito. Le ripide salite di San Francisco sono il trampolino di lancio verso un futuro (forse) migliore. Ma si sa, per saltare bisogna andare molto veloce.

Come va a finire? Non lo sappiamo perché questo film non esiste. Però ci pare una buona idea: se conoscete un produttore, la V7 e la Mustang in qualche modo le troviamo…



“In alcune scene di inseguimento, le auto e le moto erano talmente veloci che le sequenze sono state girate al rallentatore” (Motion Picture Guide).

“O scappi, o insegui. Non c’è altra via” (Robert “Bunny” Doyle)

“Ci serve un motore più grosso” (Popeye)

“Le ragazze ricche non amano i pazzi come te e non vanno a 120 miglia all’ora su Baldwin Street” (Debbie “Rabbit” Doyle)

“Non sono un tipo complicato. Strada dritta, do gas. Curve strette, do gas” (Johnny “Turtle” Turman)

“La maggior parte delle trovate più folli viene dalle idee degli stessi stunt-men” (Motion Picture Guide)

“Devo essere proprio toccato ad aver messo in piedi una giostra del genere” (Jim Russ, regista)


Testo e disegni di Gianpaolo Bertoncin, dalla rubrica The Junkers sul n.56 di Ferro Magazine, Dicembre 2020.

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