EQUILIBRIO

L’APPAGANTE BATTAGLIA PER COMPENSARE LE FORZE CHE CERCANO DI TIRARTI GIÙ

Libertà. Se chiedete “Cos’è per te la moto?” nove motociclisti su dieci vi risponderanno così. Libertà. C’è da scommetterci. Sarà scontato, noioso, un luogo comune ma é la verità: andare in moto è libertà.


Quella stessa sensazione forse è il filo conduttore che collega, accomuna e fa incontrare mondi e culture diverse che, solo all’apparenza, non hanno granché da condividere. È assai probabile che proprio la condivisione di questo sentimento abbia fatto incontrare, innamorare e poi sposare la cultura del surf e la scena motociclistica mondiali. Da lì forse è nata e cresciuta la relazione simbiotica che da una dozzina d’anni produce interessanti customizzazioni ed epiche manifestazioni all’insegna del divertimento e della (to’) libertà. Un sodalizio che vive secondo il sano principio della leggerezza, del “take it easy”. Cazzeggio perpetrato con grande professionalità.

È una famiglia allargata e colorata quella lì: il surf si è portato dietro suo figlio scapestrato, lo skateboard, mentre le moto hanno tirato dentro la bicicletta, per ovvi motivi.
Si può azzardare una spiegazione al perché andare in moto e sulla tavola regala quella sensazione. Ma non esiste una risposta singola. Forse e in linea generale perché il mezzo sul quale viaggi non ti costringe, non sei chiuso in un abitacolo. Forse perché sei libero di muovere il tuo corpo mentre il mezzo muove te. A ben guardare, DEVI muovere il corpo per andare avanti, curvare, fermarti. Tira, spingi, piega, torci. È una danza.
Chiaramente ognuno si sente libero a modo proprio e non esiste nessun metro e nessuna regola per analizzare questa cosa. Se lo chiedi a un sommergibilista magari ti dice che la libertà è starsene ingobbito in un tubo d’acciaio, tipo carne in scatola, a un centinaio di metri sott’acqua.

Poi c’è l’aspetto pratico. La bicicletta è da sempre il pratico mezzo usato dai surfisti per spostarsi velocemente, tavola sotto al braccio, battere la costa e raggiungere lo “spot” con le onde migliori. La motocicletta, debitamente modificata, è stato il suo naturale “upgrade”, quasi fisiologico. Alleggerita e spogliata di tutto il superfluo, con un supporto laterale per la tavola, le ruote tassellate, è diventata il mezzo perfetto per arrivare ovunque l’onda chiami. Una “killer machine” da bagnasciuga. Alla funzionalità poi è subentrata l’estetica e, perché no? gli esercizi di stile.

Insomma, é innegabile che per molti il surfboard, lo skateboard e la bici, generino sensazioni molto vicine a quelle provate guidando una moto. L’asfalto, la terra e l’acqua che scorrono a pochi centimetri sotto di te, l’aria addosso, il rischio di cadere, il doversi muovere, quasi danzare, per curvare ed andare avanti. Se la vediamo così, allora non appare insensata la combinazione tra queste culture.
Libertà, cazzeggio e una manciata di rischio (senza scomodare l’abusata adrenalina, uff…) sono le strade maestre sulle quali viaggiano queste culture, attraversate da infinite viuzze secondarie. E quando si corre su due ruote o su una tavola, é fondamentale non cadere. Questo è l’altro filo conduttore, l’altro comun denominatore: la piccola e appagante battaglia per compensare tutte le forze che cercano di farti perdere l’assetto e di tirarti giù.
Già, come nella vita, è tutta una questione di equilibrio.


Testo e disegni di Gianpaolo Bertoncin, dalla rubrica The Junkers sul n.54 di Ferro Magazine, Settembre/Ottobre 2020.

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